Il giro del mondo in 80 soubrettes
Vito Molinari, uno dei padri fondatori della Rai tv, soprattutto dello spettacolo leggero, ha dato alle stampe un libro dedicato alle sue primedonne, intitolato
Il 3 gennaio del 1954 la trasmissione inaugurale della Rai tv fu affidata alla regia di un giovane ligure, barba baffi lunghi capelli, un’espressione da pirata saraceno che certo gli veniva dai suoi padri di Sicilia. Il giovanotto, di nome Vito Molinari, sarebbe diventato uno dei creatori della nuova televisione, uno dei padri fondatori sopra tutto dello spettacolo leggero – rivista, varietà, balletti, operetta – ma anche prosa e sceneggiati, realizzando più di duemila programmi. E ora, sull’orlo dei novant’anni – solo ottantotto a esser precisi – prima di partire in nave per il giro del mondo, Molinari ha consegnato alle stampe dell’editore Gremese un libro dedicato alle sue primedonne, intitolato “Le mie grandi soubrettes”, perché lui, quale più e quale meno, le ha conosciute veramente tutte, da Marlene Dietrich a Joséphine Baker, da Caterina Valente alla leggendaria Yma Sumac – lei si diceva discendente dagli antichi Incas, ma secondo i maligni era solo un’astuta casalinga di Brooklyn dalla voce troppo acuta – a Franca Rame, Mina, Delia Scala e mille altre ancora, ben più delle ottanta del titolo di questo articolo, che è un trasparente omaggio a Jules Verne.
Il libro è certo di piacevole lettura, ricco di aneddoti irresistibili. Paola Borboni che chiama la congierge dell’albergo perché non c’è acqua in bagno e quando arriva il timido idraulico – che trovandola nuda nella vasca rimane imparpagliato – lo apostrofa con un “Beh? Che non hai mai visto un rubinetto rotto?”. Wanda Osiris che nel secondo tempo de “La donna e il diavolo” entra in scena vestita da odalisca su un cammello – nella prima parte era Caterina di Russia e per sostenere il grande abito di velluto tempestato di brillanti ci volevano 24 boys – ma la povera bestia si emoziona alla vista dei riflettori e fa la pupù sul palcoscenico; nessun problema, è previsto un ragazzino vestito da Alì Babà con tanto di scopetto e paletta a pulire velocemente; ma una sera lui si dimentica di entrare, c’è un momento di panico poi la Wanda leva le braccia al cielo e con il consueto birignao esclama:”Che entri lo stronziere!”.
Ma il libro di Molinari è anche un bel capitolo di storia del costume, in particolare di grande interesse per studiare come è cambiata la figura della donna nella realtà e nell’immaginario maschile. Certo non è più il tempo della Bella Otero, furono tanti gli spasimanti disperati a togliersi la vita per lei da meritarsi l’appellativo di Sirena del suicidio. E certo nessuna donna sarebbe così incauta oggi come Lina Cavalieri – la donna più bella del mondo come la definì Gabriele D’Annunzio, che fu poi il titolo del film con Gina Lollobrigida – da abbandonare il rifugio antiaereo per correre a casa sotto le bombe per recuperare il suo cofanetto dei gioielli; chissà se dentro c’era anche il diamante, regalo di quel duca tedesco che per due mesi si era fatto assumere come autista solo per poterle stare vicino. Perché Molinari va anche a ritroso nel tempo e delle soubrettes del secolo scorso va a ricercare le antenate: dalla robusta Mara Campi – la donna che inventò la mossa , riproposta poi da Monica Vitti in un film di successo – ad Anna Fougez, la prima sciantosa (dal francese chanteuse) a scendere una lunga scala scenografica, alla napoletana Elvira Donnarumma, per arrivare poi alla conclusione del libro fino alle showgirl e comiche di oggi.
Per finire: il nome soubrette deriva da un antico termine del teatro comico francese e dell’opera comique, relativo al ruolo della bella servetta, maliziosa: soubrette da servette.
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